La Toscana è una regione vinicola famosa in tutto il mondo, i cui legami storici con la coltivazione e lo sviluppo della vitivinicoltura possono essere fatti risalire all’epoca etrusca e romana. Attualmente, la regione è in prima linea tra le zone di produzione vinicola che fungono da ambasciatori internazionali per i vini made in Italy.
Il successo enologico di questa regione deriva da una miscela di elementi. Innanzitutto c’è l’ambiente, quello che i francesi chiamano terroir. Con l’alternanza di colline, valli e coste mediterranee, il paesaggio regionale sembra fatto apposta per la coltivazione della vite. Inoltre, c’è il gran numero di tipi di vite coltivati nella regione, dove le varietà autoctone hanno ottenuto risultati eccellenti e i vitigni internazionali hanno prodotto vini di successo sul mercato mondiale.
Sebbene il Sangiovese abbia raggiunto lo status di varietà toscana di culto, non vanno dimenticati il Canaiolo Nero, il Ciliegiolo e l’Aleatico, così come il Cabernet Franc, il Sauvignon, il Merlot e il Syrah, che vanno menzionati tra le varietà internazionali coltivate lì. Tra le uve bianche, vanno menzionati il Trebbiano Toscano, la Malvasia del Chianti, la Vernaccia di San Gimignano, l’Ansonica, il Canaiolo Bianco, il Greco e il Vermentino tra i vitigni autoctoni di qualità, così come lo Chardonnay e il Sauvignon tra le varietà internazionali. Nel complesso, tuttavia, è il fattore umano a completare il quadro del mondo vinicolo toscano.
Va sottolineato che è stato grazie a una manciata di produttori di vino toscani che l’enologia italiana ha preso una nuova direzione verso la produzione di vini di qualità negli anni ’70 e ’80. Ci riferiamo ovviamente al creatore dei vini conosciuti in tutto il mondo come Supertuscans, che ha dato il via a una tendenza che continua ancora oggi. La Carta di Identità di questi vini può essere sintetizzata come segue: toscano, rosso, concentrato, invecchiato in barrique, etichettato finemente, costoso e, soprattutto, prodotto al di fuori delle regole imposte dalle denominazioni DOC e DOCG.
Quando questi vini vennero introdotti per la prima volta sul mercato italiano, generarono quasi uno scandalo diffuso tra i produttori tradizionali dell’epoca. Dobbiamo ricordare che questi vini, che grazie alla ricerca in vigna e in cantina, alla fine diedero il via a una sorta di rivoluzione e a una tendenza che identifica la produzione vinicola italiana all’estero. Quando arrivarono per la prima volta sul mercato, ironicamente, vennero venduti come vini da tavola, cioè con la denominazione che era riservata per legge ai vini base, di produzione di massa.
La Denominazione di Origine Controllata, conta ben 34 vini DOC e sei DOCG, ma non dimentichiamo le cinque tipologie di vino IGT. In questo panorama trovano posto ben 228 tipologie di vino.
La grande produzione di vini DOC e DOCG ha sempre contraddistinto la produzione regionale. Basti pensare che i primi vini DOC toscani, la Vernaccia di San Gimignano, il Brunello di Montalcino, il Vino Nobile di Montepulciano e il Bianco di Pitigliano, festeggiano nel 2024 il loro 55° compleanno. Un percorso iniziato nel 1966, ma che continua ancora oggi. Più di recente, infatti, è stata istituita la DOC Pietraviva, quella del Terratico di Bibbona e del Terre di Casale.
Vitigno | DOC | DOCG |
Canaiolo Nero |
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Sangiovese |
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Albarola |
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Ansonica |
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Canaiolo Bianco |
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Grechetto |
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Greco |
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Malvasia del Chianti |
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Moscato Bianco |
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Trebbiano Toscano |
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Vermentino |
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Vernaccia di San Gimignano |
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IGT | |
Vino | Vitigno |
Alta Valle della Greve |
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Colli della Toscana Centrale |
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Maremma Toscana |
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Toscano o Toscana |
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Val di Magra |
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Bianchi
Albarola
In passato l’uva Albarola veniva talvolta confusa con la Bianchetta Genovese, anche se tra le due varietà ci sono notevoli differenze. In Toscana quest’uva è coltivata quasi esclusivamente nella provincia di Massa Carrara, vicino al confine con la Liguria, in particolare nella bassa Lunigiana, dove rappresenta circa 100 ettari di vigneti. Qui il terreno e il microclima favoriscono la maturazione del frutto e forniscono un ambiente salubre.
Quest’uva è la varietà principale utilizzata per produrre i vini DOC Candia dei Colli Apuani, ed è una varietà secondaria nel vino DOC Colli di Luni Bianco. Inoltre, fa parte delle uve utilizzate per produrre l’IGT Toscano Bianco nelle province di Pisa e Massa Carrara. In passato l’uva Albarola era utilizzata principalmente per la produzione di vini da dessert Rinforzato (con aggiunta di alcol distillato), o Sciacchetrà, fatto con uve parzialmente appassite. Utilizzata in uvaggio con altre varietà di uva, produce ottimi vini bianchi, conferendo al prodotto finale un buon tenore alcolico e carattere.
Ansonica
Questo vitigno è coltivato nelle isole della Toscana e lungo la costa delle province di Grosseto e Livorno, dove in passato veniva utilizzato come uva da tavola oltre che da vino.
Si ritiene che i primi vigneti di Ansonica nella regione siano stati impiantati sull’isola d’Elba nel XVI secolo, importati dalle regioni meridionali dell’Italia. Tra il XVII e il XVIII secolo, la vite fu portata prima all’isola del Giglio e poi sulla terraferma, sugli altopiani dell’Argentario.
L’Ansonica Bianca, localmente nota anche come Uva del Giglio, o Uva del Giglio, è stata descritta nel 1938 dagli autori Dalmasso e Alessio, e nel 1964 da Breviglieri. Hanno evidenziato il fatto che questa varietà sembra essere la stessa dell’Inzolia della Sicilia, conosciuta lì anche come Ansoria, Insoria, Anzonica, Insolia, Insolia di Palermo, Ansolica, Nzolia, Nzolia Bianca, Inselica e Ansolia. La teoria è che questa varietà di uva sia stata inizialmente portata in Sicilia, probabilmente dal Medio Oriente, e da lì abbia trovato la sua strada verso le regioni meridionali dell’Italia, Sardegna e Toscana.
L’Ansonica toscana presenta una varietà di varianti genetiche, infatti nella regione sono stati identificati molti biotipi con caratteristiche diverse. Il vino è giallo paglierino, con vari gradi di intensità, a volte con riflessi color ambra e talvolta sfumature verdognole. Il profumo è tipico del vitigno.
Canaiolo Bianco
Il Canaiolo Bianco è un vitigno autoctono toscano, coltivato nelle zone centrali della regione. L’autore Gallesio scrisse per la prima volta di questa varietà nel 1817. Altri autori che menzionarono quest’uva includono Targioni Tozzetti (1858), Lawley (1870), l’editore del Bollettino Ampelografico del Ministero dell’Agricoltura (1875), Di Rovasenda (1877), Marzotto (1925), Racah (1932) e De Astis (1937).
Le uve sono tradizionalmente miscelate con il Trebbiano Toscano, conferendo al vino finezza e delicatezza di sapore.
Vernaccia di San Gimignano
Antichi documenti storici del 1276 menzionano un vino chiamato Vernaccia, prodotto a San Gimignano, che veniva donato alla corte cattolica romana, alla famiglia regnante dei Medici a Firenze e ad altri principi italiani e inglesi. Lo scrittore Molon, nel 1906, menziona una Vernaccia toscana come sinonimo del vino Verdea di Arcetri.
Una descrizione dettagliata di questa varietà di uva è stata scritta da Fregola nel 1932. De Astis, nel 1937, descrive la Vernaccia di San Gimignano e dichiara che “recenti ricerche indicano che ci sono forti differenze tra questo vitigno e le altre Vernacce italiane, sia bianche che rosse“.
Il vino ha caratteristiche interessanti. Il colore è giallo paglierino chiaro, è secco in bocca e l’aroma è delicatamente profumato, soprattutto quando il vino viene lasciato invecchiare in bottiglia.
Rossi
Canaiolo Nero
L’origine di questo vino è sconosciuta, sebbene sia coltivato da secoli nella zona di produzione tradizionale. Questa varietà è menzionata nel libro latino Opus Commodorum Ruralium, di Pier de’ Crescenzi, pubblicato nel 1303, dove scrive di una vitis vinifera etrusca (uva da vino etrusca) chiamata canajuola.
Il vino varietale ha un corpo forte, è sufficientemente alcolico e ha un sapore amarognolo. È ideale in blend con il Sangiovese, apportando toni morbidi e rotondità al prodotto finale, come nei vini del Chianti.
Ciliegiolo
Di origine sconosciuta, si ritiene che questo vitigno sia arrivato in Italia dalla Spagna, intorno al 1870. Cresce scarsamente in varie parti del paese, anche se è in Toscana che è ampiamente coltivato ed è localmente noto anche con i nomi di Ciliegino e Ciliegiolo di Spagna.
L’acino è medio-grande e di forma rotondeggiante, la buccia è di colore viola-nero e produce una quantità piuttosto abbondante di pruina.
Il vino è di colore rosso rubino, robusto, con bassa gradazione alcolica, fruttato e con bassa acidità, per questo viene utilizzato soprattutto in uvaggi, come nei vini DOC Parrina, Colli Lucchesi, Chianti, Chianti Classico, Colli di Luni e Golfo del Tigulio.
Sangiovese
Dai documenti resi pubblici al II Simposio Internazionale organizzato dall’agenzia della regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura, il Sangiovese è da considerarsi un vitigno autoctono toscano. L’eredità toscana è confermata dagli antichi vitigni da cui deriva: il Ciliegiolo e il Calabrese.
Esistono molti biotipi di Sangiovese in Italia, tuttavia le varietà principali sono il Sangiovese Grosso (o Grande Sangiovese) e il Sangiovese Piccolo. Questo vitigno storico è fortemente influenzato dal terroir, dando origine a vini piuttosto diversi l’uno dall’altro, a seconda della zona di produzione. I vini Sangiovese presentano caratteristiche diverse e includono vini con buona acidità e colore rosso chiaro, così come vini robusti, alcolici e di colore scuro.
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