La regione Campania ha avuto un ruolo davvero importante nell’evoluzione della viticoltura e dell’enologia mondiale, con una tradizione vitivinicola che risale al XIII secolo a.C. Molto probabilmente le prime viti furono portate in questa regione dagli antichi Greci. La viticoltura fu poi ulteriormente sviluppata dai Romani che, più di ogni altra civiltà, contribuirono a diffondere la cultura della viticoltura e della vinificazione.
I siti archeologici di Ercolano e Pompei offrono uno degli spunti più importanti sulla vita quotidiana dell’epoca romana. In quelle città, congelate nel tempo dall’improvvisa eruzione lavica del vicino vulcano Vesuvio, i simboli e i riferimenti all’enologia sono tra i più ricorrenti.
I vini migliori venivano conservati in speciali anfore di terracotta chiamate doli, che venivano sigillate dal pittacium, su cui erano scritte la zona di origine delle uve e l’anno di vendemmia. Questa è la prova che in questa regione il concetto di denominazione di origine era già noto e apprezzato all’epoca. In altre parole, gli antichi Romani sapevano quanto fosse importante il luogo in cui si coltivavano le uve in relazione alla qualità del vino.
Non è un caso che molti dei vini consumati dagli imperatori romani fossero prodotti in Campania.
Da allora i vigneti sono stati studiati, descritti, classificati e selezionati, per diffondere solo le varietà migliori. Gli esperti dell’epoca – Plino, Columella, Virgilio, Catone – hanno descritto la Vitis Hellenica, la Vitis Apiana e l’Aminea Gemina, che non sono altro che i progenitori degli attuali Aglianico, Fiano e Greco.
Una parte importante della conservazione delle numerose varietà di uva attualmente presenti in questa regione è stata giocata dai vari microclimi e dalla composizione del terreno. Il terreno, spesso costituito da materia vulcanica, ha inibito la diffusione delle malattie della vite fino alla fine del XIX secolo, preservando le varietà locali invece di stimolare l’introduzione di vitigni da altre regioni.
Tuttavia, la tragica epidemia di fillossera che colpì l’Europa all’inizio del XX secolo, cancellò quasi completamente l’enorme eredità vitivinicola della regione. Sfortunatamente, all’indomani dell’evento catastrofico, la viticoltura campana fu abbandonata e, insieme ai prodotti di altre storiche regioni vitivinicole del sud, il frutto dei suoi vigneti fu spedito principalmente al nord, dove fu utilizzato in miscele italiane e francesi.
Negli ultimi decenni, però, si è verificato un completo cambio di direzione ed attualmente in Campania si producono 20 vini DOC e DOCG e, dal 2004, alle nove denominazioni IGT esistenti si è aggiunta l’IGT Campania, le cui uve autorizzate provengono esclusivamente da vitigni autoctoni.
Vitigno | DOC | DOCG |
Aglianico (rosso) |
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Asprinio (bianco) |
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Biancolella (bianco) |
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Coda di Volpe Bianca (bianco) |
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Falanghina (bianco) |
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Fiano (bianco) |
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Forastera (bianco) |
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Greco |
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Guarnaccia (rosso) |
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Piedirosso (rosso) |
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Sciascinoso (rosso) |
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IGT | |
Vino | Vitigni |
Beneventano |
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Colli di Salerno |
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Dugenta |
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Epomeo |
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Irpinia |
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Paestum |
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Pompeiano |
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Roccamonfina |
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Terre del Volturno |
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Bianchi
Asprinio Bianco
Meglio conosciuta con il nome di Asprinio d’Aversa, questa vite è stata coltivata da tempo immemorabile. Sebbene la varietà abbia dimostrato di poter crescere allevata secondo metodi comuni, questa vite davvero forte è tradizionalmente coltivata in modo liberamente espanso, lasciando che le viti si avvolgano e si arrampichino su tronchi d’albero alti.
Il vino è leggero, acido e piacevole e produce anche uno spumante apprezzato. La vite è coltivata esclusivamente nella zona DOC Asprinio d’Aversa, che è divisa tra le province di Caserta e Napoli. Qui si arrampica su alti pioppi secondo il metodo tradizionale noto come alberata. Il metodo di coltivazione originale è davvero esotico e caratterizza il paesaggio.
Biancolella
Questo vitigno, menzionato nei libri del XIX secolo, si trova esclusivamente nell’isola di Ischia e in alcune zone del Golfo di Napoli. Conosciuto anche con i nomi di Janculella e Bianculillo, questa varietà prospera nel terreno vulcanico della provincia napoletana.
Il vino ha un alto contenuto alcolico, è armonico con un buon corpo e un colore giallo paglierino intenso. Le uve sono utilizzate per produrre vini varietali o assemblati.
Coda di Volpe Bianca
Questo vitigno è conosciuto nella regione anche con i nomi Falerno, Durante e Coda di Pecora. Era coltivato in tempi molto antichi ed è menzionato in Plinio Naturalis Historia. Il vino ha una buona gradazione alcolica, colore giallo oro, è secco al palato e ha un aroma gradevole.
Falanghina
Questo è sicuramente uno dei più grandi vitigni campani. È molto antico e, con il passare del tempo, ha generato una varietà di ecotipi ed è spesso indicato come Falanchina, Falernina o Uva Falerna. Questa varietà è coltivata principalmente nelle province di Napoli e Benevento ed è alla base di vari vini DOC campani.
Il succo ha una buona acidità e produce un vino secco, anche se delicato e caldo.
Fiano
Si tratta di un vitigno tipico campano che trova la sua migliore espressione enologica in Irpinia, ovvero la zona di produzione del vino DOCG Fiano di Avellino. Si ritiene che il nome Fiano derivi dall’antica uva Apiane, nome che gli antichi romani davano alle uve particolarmente gradite alle api.
Il vino è di colore giallo paglierino, ha profumo gradevole, è fresco, asciutto e armonico al palato.
Forastera
Questo vitigno si trova principalmente sull’isola di Ischia.
Il vino è di colore giallo paglierino, e al palato è secco e armonico. Come vitigno produce il vino DOC Ischia Forastera, mentre miscelato con le uve Biancolella genera vari vini sotto altre denominazioni.
Greco
Si tratta di un vitigno campano molto pregiato e dalla grande storia. Coltivato in tutta la regione, è definito con diverse denominazioni, a seconda delle diverse zone di origine: Greco del Vesuvio, Greco della Torre, Greco di Tufo e Greco di Napoli.
Il vino è di colore giallo dorato, con profumo intenso e caratteristico.
Rossi
Aglianico
Si ritiene che questa varietà di uva sia stata introdotta dai Greci in epoca preromana e che il nome dell’uva derivi da ellenici, un altro nome italiano per i Greci. Sebbene sia diffuso in varie regioni meridionali italiane, il vitigno Aglianico produce uve con caratteristiche sorprendentemente diverse, a seconda della zona di origine, della composizione del terreno e del microclima.
Il vino prodotto è di alta qualità ed è caratterizzato da un’elevata gradazione alcolica, un vivace colore rosso granato e tannini maturi attraenti. Con l’invecchiamento, il vino migliora il suo profumo man mano che si affina e raggiunge aromi più complessi.
Guarnaccia
Conosciuto nella provincia di Napoli come Urnaccia e Cannamelu, questo vitigno si trova principalmente sull’isola di Ischia.
Il vino è profumato, alcolico e invecchia bene, tuttavia è raramente imbottigliato come vitigno.
Piedirosso
Vitigno presente esclusivamente nella regione Campania, dove è coltivato da secoli, ed è popolarmente conosciuto con il suo nome dialettale, Pèr ‘e Palummo (Piede di Piccione), per il colore rosso che assume il peduncolo quando l’uva è matura.
Il vino ha un buon tenore alcolico, un colore rosso rubino intenso, buoni tannini in un corpo forte e fragrante al palato. Invecchiato, il vino acquisisce un gradevole profumo di violetta.
Sciascinoso
La regione Campania rappresenta un ambiente ideale per questa varietà di vite, conosciuta localmente come Sanginoso a Livella, Olivella e Uva d’Avellino.
Utilizzata principalmente in blend, conferisce al vino un colore intenso, acidità e una qualità leggermente astringente.
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